San Sperate è uno dei centri agricoli più importanti della Sardegna: la felice posizione geografica, la presenza di falde freatiche superficiali, il terreno fertile e facilmente lavorabile hanno favorito la coltivazione dei terreni che fanno parte del piccolo territorio di San Sperate.
La coltivazione prevalente è quella delle pesche, seguita da quella degli agrumi e, in maniera meno consistente, dell’albicocca, del grano, del pomodoro, dei cereali e delle verdure. Il territorio appare quindi interamente ricoperto da diversi giardini, nei quali la presenza di piante di limone, d’arancio o di mandarino rappresenta l’elemento frequente e qualificante. Queste piante hanno trovato a San Sperate un habitat ideale. I loro fiori bianchi e rosei e intensamente profumati e la presenza di numerose serre di floricoltura hanno permesso un’ampia diffusione dell’apicoltura.
L’artigianato fino agli anni cinquanta era un settore importante e ben sviluppato, come in tutte le civiltà contadine, nelle quali svolgeva un ruolo fondamentale di supporto. La tessitura, attività legata all’autoproduzione, era particolarmente diffusa, come lo erano i fabbri e “su maistu ‘e carru” (colui che costruiva i carri, le ruote in legno e ferro, le carriole e gli aratri). Ai primi del ‘900, lungo l’argine del rio Mannu, vi era uno stovigliaio-ceramista che costruiva “is tuvus”, particolari contenitori in terracotta destinati ad essere legati alla noria per sollevare l’acqua dai pozzi, grazie al lavoro di un asino. Oggi nel settore della ceramica a San Sperate opera uno dei maestri ceramisti più interessanti del panorama sardo: Giampaolo Mameli. Altri più giovani hanno intrapreso questa attività negli ultimi anni. Un altro settore che ha attinto alla tradizione e ne ha sviluppato le potenzialità è quello della lavorazione dei dolci, che conta due laboratori tra i più rinomati della Sardegna. Sono, invece, scomparsi quasi del tutto gli artigiani che lavorano le canne e l’olivastro per confezionare pregevoli cesti.